La popolazione che nel 1754 ammonta a 647 unità distribuita
in 147 fuochi11, è formata in prevalenza da contadini, che vivono
in case di modeste proporzioni nei pressi dell'orto. Questo ceto che si
infittisce immediatamente al di sopra della miseria e della mediocrità
è composto da ortolani, bracciali, piccoli allevatori, gualani,
e pochi artigiani. Al reddito ricavato dai raccolti dalla loro grama terra
assommano quelli dei terreni che conducono in fitto, in enfiteusi ed in
colonia. Un livello superiore è occupato dai "massari di bovi",
che sono proprietari anche di medie estensioni di terra. La categoria dei
massari di bovi,(esiste una distinzione tra massari di bovi e massari di
campo) è costituita numericamente da tre unità che possiedono
54 tonoli di terreno, i cui appezzamenti si aggirano in 9-10 tomoli. Tra
i contadini coltivatori, i massari, mostrano una maggiore autonomia economica.
" La masseria è una unità economica capace, nella maggior
parte dei casi, di una produzione che supera il consumo familiare. L'esubero
confluisce poi nelle fiere comunali e dei paesi vicini".12 E' pertanto
la categoria di coltivatori più legata alle fiere ed ai mercati
dei paesi circostanti, dove vende e compra, per poi spendere, per la cultura
e l'allevamento, tutto il denaro guadagnato. La figura del massaro indica,
quindi, il contadino benestante che possiede appezzamenti di terreni, buoi,
bestie date a pedaggio, pecore, più di una casa, giumente e che
spesso ha al servizio garzoni. Ma anche costoro come tutto il mondo rurale
della zona, sono soggetti ai frequenti condizionamenti derivanti dalle
epidemie, dalla cronica debolezza per insufficienza alimentare, dall'afta
epizootica che uccide il bestiame, dalle terribili carestie e dai cattivi
raccolti. Questo microcosmo contadino è caratterizzato dall'incertezza
e dalla precarietà dovute all'insufficienza della terra da coltivare;
dalla mancanza di attrezzature e di bestiame per renderla produttiva; dalla
pressione della rendita agraria signorile ed ecclesiastica. In minor numero
sono gli individui addetti all'artigianato: appena il 13%. In effetti si
tratta di un artigianato generico e con competenze molto elementari (sarti,
calzolai, fabbricatori, fornai). Probabilmente l'artigianato era esercitato
come un'attività secondaria non risultante nei censimenti ufficiali
data la piccola dimensione del paese. Vi era forse una minore richiesta
di prestazioni e di attività artigianali che, in buona parte, venivano
soddisfatte nell'ambito dell'economia domestica. La categoria degli ecclesiastici
secolari, rappresenta il 3,65%. Bisogna però osservare che solo
6 unità sono registrate nel catasto, mentre l'intero elenco di reverendi,
sacerdoti e chierici è riportano negli Stati delle Anime. Probabilmente
esso comprendeva anche coloro che vivevano lontano dal paese. Si osserva
inoltre che la popolazione attiva risulta essere costituita da soli maschi.
A questo proposito bisogna dire che la mano d'opera femminile non è
registrata nel catasto in quanto non soggetta a tasse d'industria ma occorre
comunque tenerla presente nei lavori dei campi. Infatti, le donne erano
regolarmente assunte per alcuni lavori nelle vigne durante la vendemmia,
per la raccolta delle ulive, oltre a svolgere anche importanti lavori domestici.13
I nobili non rappresentano un numero elevato di unità, non superando
il 4% della popolazione. I nobili non titolati, possessori di diritti giurisdizionali,
titolati di feudi rustici, sono generalmente riportati nel catasto con
le sigle di "nobile vivente", "vive nobilmente", "vive
del suo" e con l'appellativo di "magnifico" Il Villani riconosce
in questo gruppo sociale un nucleo emergente di borghesia rurale. Come
risulta dal Catasto, questo ceto non svolge una attività lavorativa,
anche perchè la sua principale attività è quella di
amministrare la sua proprietà terriera, la cui lavorazione è
affidata ai lavoratori a giornata, ai bracciali che guadagnano due o più
carlini, anche se al tempo stesso sono tenuti a provvedere al propio vitto.14
La maggior parte della proprietà terriera del borghese è
coltivata dai coloni ai quali viene affidata con contratti regolarmente
stipulati davanti ai notai.15 Complessivamente questo ceto possiede 234
tomoli di terreno, diverse case date in fitto, buoi aratori, greggi di
pecore, cavalli da sella, giumente, forni ed infine bestie date a pedaggio.
La disponibilità di capitale gli consente di utilizzare i buoi e
gli aratri migliori; di incrementare la produttività delle propie
terre ed arricchire le propie rendite assicurandosi in tal modo una continua
ascesa sociale. Nel mezzogiorno d'Italia la borghesia rurale si pone accanto
alle forze feudali, accentuando il permanere di molte strutture economiche
feudali, mostrandosi incapace di cogliere le cause e le conseguenze delle
condizioni di miseria e di precarietà che caratterizzano il ceto
contadino.16 I forestieri abitanti sono la caratterizzante della realtà
professionale e demografica agropolese. Essi costituiscono il 29% della
popolazione. Non è stato possibile datare l'immigrazione perchè
la fonte utilizzata, "le Rivele" è generica in quanto
non indica l'anno dell'insediamento. Il flusso migratorio provenie,generalmente,
dai paesi interni del Cilento quali: Laureana, Torchiara, Gioi, Rocca Cilento,
Raccadaspide, Mileto. Gli addetti all'agricoltura rappresentano il 10%
della popolazione forestiera, mentre gli addetti all'attività marinare
il 5%. La categoria dei servitori è anche molto numerosa, essa rappresenta
l'8% della popolazione. La maggior parte di essi sono giovani non sposati,
o che almeno non vivono con il propio coniuge nella casa dove lavorano
e dove si sono stabiliti in pianta stabile. In genere sono al servizio
dei nuclei familiari dei nobili e dei viventi di rendita. A volte sono
figli di bracciali che diventano garzoni di qualche massaro che li impiega
nelle propie aziende agricole. L'immigrazione ha, quindi, un carattere
chiaramente rurale, per la mancanza di capi-fuoco immigrati esercitanti
professioni liberali e di capi-fuoco di nobili e benestanti (ad eccezione
di un solo capi-fuoco) che sono invece attratti dai grossi centri urbani
come Napoli e Salerno. Bisogna, infine, rilevare una netta mobilità-afflusso
maschile, legato prevalentemente ad intento nuziale ed esigenze lavorative.
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