Nel suo saggio Vincenzo Gatti denuncia anche la vita oziosa dei cosiddetti gentiluomini, che non avevano altra occupazione se non quella di ubriacarsi nelle cantine. Per questo motivo tale ceto era considerato sempre più pericoloso per l'influenza che esercitava sul popolo. Nei giorni di festa il popolo soleva riunirsi nelle cantine per ubriacarsi e giocare sperperando in tal modo tutto il guadagno di una settimana di lavoro.22 Si giocava al tocco, a tressette e alla morra, tutti giochi ritenuti "rovinosi" perchè portando a bere molto spesso degeneravano in risse. Per quanto riguarda le costumanze il Gatti ricorda le due feste che precedevano le nozze. La prima avveniva quando si stendeva il contratto dal notaio ed in quella occasione si suonava e si ballava. Durante la seconda lo sposo metteva al collo della sposa un vezzo di corallo, o segnacolli d'oro, detta "CANNACCA". Questo era il segno della maritata. Poi seguiva il giorno delle nozze. Si mangiava, si danzava e si cantava una cantilena al suono della pastorale. Le feste più attese dal popolo erano quelle dei Santi protettori e quella del Natale e della Pasqua. Nelle feste patronali la pizza si affollava di gente che veniva anche dai paesi vicini; le feste di Natale e Pasqua si solevano trascorrere in famiglia e si usava fare le zeppole e le castagnelle a Natale, il pane con gli ulivi a Pasqua.