Agropoli era un paese principalmente dedito alla pesca. Nel '700 l'attivit� commerciale-marinaresca attraversava un periodo di relativa floridezza che interessava tutto il Cilento costiero.1 Le vie del mare erano solcate da imbarcazioni di cabotaggio che da Agropoli si dirigevano verso i porti di Salerno e di Napoli dove avveniva lo smercio del pesce.2 Il Barone Antoniani riferisce che ad Agropoli si pescavano in gran quantit� tonni e sarde.3 Oltre allo smercio del pesce erano esportati anche altri prodotti locali quali i fichi secchi, l'olio, il vino e la frutta, in particolare mele e pere. La produzione dell'olio del Cilento era considerata eccellente e competitiva a quello provenzale.4 L'agricoltura era la seconda attivit� a cui si dedicava gran parte della popolazione attiva. Si trattava di una agricoltura arretrata, a livello di pura sussistenza, poich� essa soddisfaceva prevalentemente i bisogni elementari dell'agropolese che era la tempo stesso produttore e consumatore. Esisteva la micro-azienda contadina frazionata in piccoli appezzamenti di terreno su cui la famiglia esercitava, con metodi primitivi, ogni genera di cultura ed allevava qualche maiale; i frutti dell'azienda erano cosi scarsi che riuscivano a soddisfare solo i bisogni della famiglia e ben poco restava da vendere al mercato. La produttivit� di una azienda agricola dipende innanzitutto da sua estensione, poi dal numero degli animali da traino necessari per la coltivazione del suolo e dal numero dei capi della mandria che fornisce il letame per la terra coltivata.5 La micro azienda del contadino agropolese non pu� vantare tali elementi e di fatto, essa produceva una agricoltura povera che per i suoi requisiti essenziali viene definita di autosufficienza parziale ed interessa "quelle comunit� in cui l'economia monetaria � ancora incompleta e lascia in tal modo il posto al baratto dei beni non agricoli(...) Il consumo di tali beni � inoltre diretto, non vi � posto che per pochi legami, e forse nessuno, tra produttore e consumatore, e per lo più di fatto essi sono la medesima cosa". Per quanto riguarda il genere di coltura che vi si esercitava, dalle Rivele in particolare, risulta che dei circa 2923 tomoli di terreno censiti, predomina la coltura dell'arboreto con il circa il 30%, in particolare dei ficheti, seguito da quello del pero e anche dalla coltura dell'arbustaceo, principalmente del vigneto e dell'oliveto minore, e la estensione della coltura del querceto, del celsetto e degli orti, posti intorno all'abitato. Nel '700 la coltura del ficheto ha un forte rilievo , incentivata anche dalla crescente richiesta di esportazione di fichi da parte delle zone del napoletano, dalla Sicilia e dalla Calabria (ad es. Crotone). Nella piana di Agropoli, veniva sufficientemente prodotto anche il grano, il cui prezzo sub� un aumento durante la seconda metà del '7006, passando da un ducato a due ducati a tomolo a causa di una terribile carestianel 1764 "grandissima(...), non mai sperimentata maggiore, mai intesa, mai letta essere accaduta cosi generale e cosi lunga dalla creazione del mondo". L'espressione � di Fabio Donnabella, che ha dato una descrizione dettagliata della carestia e delle tristi conseguenze che ebbe nel Cilento dove la gente era costretta a cibarsi talvolta di sole erbe selvatiche, per cui molti morivano nel propio paese oppure lungo le strade dove spesso ci si trovava a chiedere l'elemosina.