Negli anni in cui non si registravano epidemie si registravano
più nati che morti. L'epidemia che mieteva più vittime era
il vaiolo10. Le morti più frequenti si registravano a marzo e a
settembre. I primi tepori della primavera alternati con i freddi residuali
dell'inverno, provocavano mortali pleuriti che colpivano principalmente
i contadini mal protetti. Durante l'estate i contadini erano costretti
per l'assistenza ai raccolti a trascorrere le notti all'aperto, all'umidità
della notte ed al freddo, seguiti poi dai calori del giorno. A settembre
perciò si sviluppavano febbri putride, terzana e quartana.11 Altri
inconvenienti che nuocevano alla salute del corpo erano le scarse condizioni
igieniche in cui si viveva e si lavorava. La non curata pulizia delle case,
i letti sporchi, la biancheria usata di rado e la lordura delle persone.
Da ciò l'insorgere di malattie quali bronchiti, febbre cronica ed
intermittente, scoliosi, irritazioni della pelle, foruncoli, ulcera. Ed
inoltre una endemica situazione di morbillo causava decine di morti soprattutto
nei mesi estivi, particolarmente dei bambini che subivano nei primi mesi
di vita una selezione notevolissima e solo i più forti sopravvivevano
riscendo a superare gli 8-10 anni.12 Bisogna poi ricordare il costume religioso
di tumulare i corpi dei defunti nelle chiese. Spesso le tumulazioni non
erano ben chiuse per cui il lezzo dei cadaveri, unito ai processi di putrefazione,
producevano, spesso, contagi ed infezioni.
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